GIU' IN CORTILE
Certe mattine Wolmer si alzava con il piede sbagliato e pensava: “la vita è proprio una merda”. E quando iniziava così, la giornata non poteva che continuare peggio.
Si girò su un fianco, fece leva con il gomito sul materasso per tirarsi su da letto e andò in bagno per la terza volta nelle ultime sette ore, per via della prostata. Si guardò allo specchio, si vide decrepito, mormorò un’imprecazione, andò in cucina e preparò la moka con la miscela buona, ma anche il caffè venne su come la giornata, gustoso come l’acqua sporca.
Decise perciò di fare un giro in spiaggia, che odiava, ma una giornata iniziata male doveva essere assecondata nella sua china discendente, perché opporsi sarebbe stato ancor più frustrante.
Si infilò un golfino per rispetto alla sua artrite, ben sapendo che l’ingrata se ne sarebbe fregata delle sue attenzioni. Prima di uscire, gli cadde l’occhio sulla rete dei palloni appesa all’attaccapanni. Sospirò, tornò indietro e si affacciò alla finestra della cucina. Guardò giù in cortile, una striscia di asfalto lunga e stretta, strizzata tra l’hotel di fronte e i garage di fianco, dove un bambino stava giocando a calcio da solo.