Capitolo I
Raniero e Nello
«Ehi… Raniero!»
«Ranierooo… Mi senti?»
Raniero non sentiva la voce del fratello Nello. Le sue orecchie erano impegnate ad ascoltare a tutto volume la Nona Sinfonia di Be- ethoven, mentre strigliava i due cavalli di razza. Cavalcare in cam- pagna tra i boschi era la sua unica passione. I due cavalli, Bianco e Nero, chiamati così per i loro colori, erano allevati da lui fin da pule- dri, la cavalla dei due stalloni era morta di parto. Raniero era molto legato a loro e li curava con grande affetto.
Mentre continuava a strigliarli, ascoltando la musica a tutto vo- lume, gli era arrivato in testa un grosso pomodoro un po’ marcito. Addolorato e con le mani dietro la testa si era voltato per vedere chi fosse stato a lanciarglielo.
«Nello… Smettila di lanciarmi frutta marcia, escrementi di caval- li, ciabatte e anche bastoni… Cosa c’è!»
«Ti ho chiamato varie volte e tu non mi sentivi, era l’unico modo per farti voltare…»
«Non potevi avvicinarti?» gli domandò Raniero.
«Nooo… le galline mi stanno dietro e non vorrei che spaventas- sero i nostri cavalli» rispose Nello.
«Allora, cosa vuoi?» gli chiese Raniero ancora una volta.
«È vero che domani mattina parti per Milano?»
«Sì, perché?»
«Voglio venire con te, lo sai che a Milano non ci sono mai stato? E tu me lo avevi promesso che mi avresti portato con te».
«Nello, non vado da solo, vado con la mia orchestra per lavoro e non puoi venire con me… Ehm, certo che te l’ho promesso e ti ci porterò, tranquillo».
Nello, addolorato e col capo chino, si allontanò. Raniero lo rag- giunse per consolarlo.
«Nello, ascoltami, ti porterò con me a Milano quest’estate, te lo prometto, mangeremo gelati, dolci e ci divertiremo tantissimo per la città… Tranquillo».
«L’estate è fra un mese, il 21 giugno?» ribatté Nello.
«Il 21 giugno subentra l’estate, ma non è detto che andremo su- bito il giorno 21. Sicuramente andremo a luglio, nel giorno del com- pleanno di nonna Marisa. Sai che compirà ottantacinque anni il 22 luglio? Le faremo una sorpresa, che ne pensi?» Raniero sapeva come raggirare Nello, anche se quest’ultimo credeva poco al fratello, per- ché le promesse fatte in passato non le aveva mai mantenute.
«Promesso?» gli domandò Nello. Raniero annuì col sorriso, ma l’altro con scaltrezza ribatté subito: «Se non mi ci porti entro luglio, userò per un giorno intero il violino che ti hanno regalato i nonni, ci stai?». Raniero sapeva che Nello diceva sul serio, il violino glielo ave- vano regalato i nonni per il diploma al Conservatorio musicale. Era costruito con legno di abeti rossi delle Dolomiti. Raniero lo usava solo poche volte e lo custodiva gelosamente per non usurarlo, ci te- neva molto a conservare integralmente i regali che riceveva. Allora, per non scontentare il fratello, gli rispose subito: «Va bene, Nello, se non ti ci porto a Milano prenderai il mio violino per un giorno inte- ro, sei d’accordo?». Nello, tutto contento, iniziò a urlare per la gioia:
«In culo la scrofa, in culo la scrofa…».
«Nello… Si dice… In culo alla balena».
«Balene qui non ce ne sono… Ci sono solo scrofe». Raniero non sapeva come rispondere, era senza parole, suo fratello era bravo a dire battute, lo aveva fregato ancora una volta.
Nello era il fratello minore di Raniero ed era affetto da trisomia lieve, aveva vent’anni, otto anni più piccolo di lui. Studiava violino ed era seguito da suo fratello.
Era molto legato a lui, un simpaticone, affettuoso con tutti, svol- geva vari lavori nella propria fattoria. Il suo sogno era quello di suo- nare anche lui nell’orchestra del fratello e ci sperava.
Raniero, aveva ventotto anni, alto, snello, moro, solare con tutti e sempre sorridente. Aveva frequentato le scuole cattoliche. Oltre ad avere una laurea in Fisica con il massimo dei voti, era anche di- plomato in violino e composizione: la sua vocazione era il violino, perché con la musica si sentiva più appagato e gli dava occasioni di nuove emozioni. Era un membro di una grande orchestra “Le muse d’oro”, aveva un ruolo importante, era primo violino e anche violinista solista, era soprannominato dai suoi colleghi “il violino ballerino”, perché quando suonava lo strumento ballava con lui.
Viveva ancora con i suoi genitori, proprietari di una grande fatto- ria, che aveva il nome di Fattoria Monte del nonno. Amava la natura, infatti, trovava la sua serenità nel connubio natura-musica. Era un cat- tolico praticante e anche un organista parrocchiale. Era un tipo so- cievole, frequentava molti amici. Con le donne non era molto aperto, era un po’ timido. A volte le sue emozioni lo portavano a combinare pasticci, ma in fin dei conti era ben voluto e rispettato da tutti. Raniero aveva anche una sorella, Iris, trentadue anni, medico psichiatra, eser- citava la professione part-time per dedicarsi di più alla famiglia, il suo desiderio era quello di essere una brava moglie e mamma, e lo aveva realizzato. Il marito era un medico chirurgo di fama. Vivevano in cam- pagna nelle vicinanze dei loro genitori. Iris molto spesso si recava dai suoi per aiutarli nella fattoria. Aveva un buon rapporto con i fratelli, ma si accaniva su Raniero perché era tollerante con Nello, ma lui nu- triva molta fiducia nei confronti di suo fratello. Nello, invece, quando vedeva la sorella arrivare in fattoria, si allontanava, non la sopportava, poiché tendeva a dargli disposizioni. Raniero, dal canto suo, faceva il contrario di quello che diceva la sorella e per questo a volte entrava in discussione con lei. Tutto sommato si rispettavano e si amavano.
I loro genitori, Giacinto e Viola erano anziani, conducevano la loro fattoria con passione, avevano dei braccianti che si occupavano dei compiti più pesanti. I loro tre figli erano stati educati nei valo- ri familiari e nella fede, e speravano che un giorno loro potessero prendere le redini della fattoria.
Dopo la conversazione con Nello, Raniero lasciò la stalla dei ca- valli per recarsi a cambiare l’acqua dell’abbeveratoio degli animali, ma non si accorse che i due stalloni lo stavano seguendo, quando arrivò e si chinò per guardare il fondo della vasca. Nello, in quel mo- mento, osservando la scena del fratello, fece un cenno con una mano ai due cavalli. I due purosangue, con un colpo di testa, ribaltarono il povero Raniero nella vasca piena d’acqua. Il risultato? Raniero si mise a urlare contro i suoi cavalli, perché non era la prima volta che lo facevano, ma sapeva benissimo che i due avevano un legame forte con Nello, quindi se l’era presa anche con il fratello, perché proprio lui aveva dato il comando ai due stalloni di catapultarlo nella vasca.
Irritato, si recò verso casa per cambiarsi, ma non fu attento a dove metteva i piedi, infatti, calpestò un mucchio di escrementi di galline, scivolando poi su un secchio pieno di latte che il padre aveva riempito mungendo le vacche. A questa scena, il padre con le mani sulla testa, borbottò: «Ahimè… Sempre il solito. Speriamo che vada via, altrimenti mi demolisce la fattoria». Nello rideva a crepapelle, i due cavalli nitrivano per la scena, le galline crocchiavano, i lavoratori dipendenti ridevano, gli uccelli cinguettavano, era una vera scena comica, rideva tutta la valle. Brontolando, il povero Raniero rientrò a casa. «Porca luna storta… Sarebbe stato meglio, se avessi fatto lo scienziato, almeno sarei stato lontano da questo fatturato pae- se». “Porca luna storta”, erano le parole che Raniero usava spesso quando le cose non gli andavano bene, ma quando era veramente arrabbiato, nominava tutti gli spiriti immondi.
All’indomani mattina, verso le nove circa, Raniero era già pronto per partire verso Milano, aspettava solo che i suoi amici passassero a prenderlo con la macchina.
La sua orchestra doveva effettuare delle prove per suonare al Te- atro alla Scala il 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica italiana, quindi lui era concentrato ed emozionato, perché avrebbe suonato davanti agli alti incarichi dello Stato e ai dirigenti pubblici.
Era sua consueta abitudine, prima di partire per il lavoro, quella di sedersi sui gradini di casa e osservare i monti per molto tempo. Era una sua tecnica di rilassamento. Lui immaginava di essere sui quei monti ad accarezzare il cielo per cogliere la serenità, l’armonia e non farsi prendere dall’ansia, prima di intraprendere un impegno glorioso.
Nello sapeva bene che in quei momenti nessuno lo doveva di- sturbare, anche gli animali erano silenziosi, docili, calmi. Il vento aveva smesso di soffiare aria calda. Gli uccelli non svolazzavano e non cinguettavano. Sembrava che la natura condividesse i suoi mo- menti e lo lasciasse tranquillo a concentrarsi. C’erano molta calma e pace intorno a lui, ma non intorno a sua madre: «Ranierooo… Vieni a mangiare una ciambella calda». La voce di sua madre risuonò per tutta la valle. La natura si era svegliata, gli animali avevano iniziato a schiamazzare, gli uccelli svolazzavano intorno a lui per sgraffignare il mangime degli altri animali. Le urla della madre risvegliarono di soprassalto Raniero dai sogni gloriosi. Lui con le mani sulla testa, borbogliò: «Porca luna storta… Mamma, ho finito appena di man- giare».
«Come fai a lavorare, se non mangi? Su, vieni, smettila».
«Sono già pieno, mamma, metti da parte le ciambelle, che le por- to con me. Ai miei colleghi piacciono molto» rispose Raniero.
«Come? Devi affrontare novecento chilometri e te le mangi do- mani?»
«Mamma… Milano dista appena trecento chilometri da noi e ar- riviamo in tre ore».
«Così poco? Pensavo fossero di più. Vabbè… e perché andate così presto?»
«Perché le prove le iniziamo di pomeriggio presto» ribatté ancora una volta Raniero con un tono più alto.
«Allora, vieni o non vieni a mangiare una ciambella?» gli doman- dò la mamma.
«Vabbè, mamma, solo una, però».
Mentre i due discutevano, Nello, furtivamente, aveva già consu- mato tre ciambelle e sperava che il fratello non ne prendesse, ma Raniero, accortosi di tutto, lo richiamò silenziosamente per non far intervenire la madre. Nello lo ringraziò abbracciandolo, poi si allon- tanò dalla cucina.
Arrivati i suoi colleghi, Raniero salutò tutti prima di partire e mentre si stava avviando verso la macchina, Nello lo raggiunse e lo abbracciò ricordandogli di mantenere la promessa che gli aveva fatto il giorno precedente, quella di portarlo a Milano, per il compleanno della loro nonna. Raniero sorrise e annuì. Mentre partivano Nello urlò: «Ragazzi, in bocca alle galline!».
«Nello, si dice in bocca al lupo…» Raniero cercò di correggerlo ancora una volta.
«Qui ci sono solo galline…» ribatté Nello, ridendo.
Raniero e i suoi amici ridevano a crepapelle. Nello lo aveva battuto ancora un’altra volta. La vita nella Fattoria Monte del nonno andava avanti. Gli animali gironzolavano per la valle. I dipendenti procedevano regolarmente con il loro lavoro. Il padre, seduto sul- la staccionata dei cavalli, fumava un sigaro e osservava le nuvole all’orizzonte. Nello accudiva le galline e la madre continuava a frig- gere le ciambelle, sperando anche di ritrovare quelle tre sparite mi- steriosamente.